Le novità introdotte dal D. Lvo 149/2022 riguardano anche l’arbitrato, e mutano sostanzialmente la natura dell’istituto, sempre più sovrapponibile al modello giudiziale e quindi “allettante” per chi intende far valere le proprie ragioni fuori dalle sedi tribunalizie con le stesse prerogative offerte dal processo.
In primo luogo, mediante l’introduzione dell’art. 816-bis.1 c.p.c., viene finalmente sancita per iscritto la regola, fino ad oggi solo di matrice giurisprudenziale e dottrinaria, secondo la quale la domanda di arbitrato produce gli stessi effetti sostanziali della domanda giudiziale.
E ciò non rappresenta una questione di scarsa importanza, soprattutto per quanto riguarda il perfezionamento del contraddittorio e la decorrenza dei cardini temporali a tutela della regolarità e/o validità dell’atto giudiziale.
Altra innovazione che conferisce alla procedura arbitrale tutti i crismi di stabilità ed autorevolezza sanciti per la procedura dinanzi al Giudice Togato è l’affermazione del principio della translatio iudicii anche nel rapporto Giudice/Arbitro.
Con l’inserimento dell’art. 819-quater nel codice di rito è infatti espressamente contemplata la possibilità che il contenzioso si sposti dalla cognizione dell’Arbitro a quella del Giudice, o viceversa, laddove il chiamato a dirimere la controversia si dichiari incompetente: se ritualmente riassunto il processo dinanzi al Giudicante dichiarato competente (Togato o Arbitro), gli atti sostanziali e/o processuali fino a quel momento già compiuti conservano la loro piena efficacia, sì che le parti non siano costrette a svolgere ex novo ciò che è già stato eventualmente istruito, comprese le prove già assunte, che valgono comunque come argomenti di prova anche dinanzi al nuovo Giudicante.
E’ evidente che tutto ciò vada a vantaggio di un considerevole risparmio di tempo e di danaro per chi, anche in esecuzione di un compromesso invalido, si trovi a dover affrontare il contenzioso in sede giudiziale, e cancelli le ombre che ancora oggi possono allontanare dall’adozione della procedura arbitrale come strumento privilegiato di risoluzione delle controversie.
Ma ciò che sarà un ulteriore incentivo, e che rappresenta una vera rivoluzione, è il potere, riconosciuto anche all’Arbitro, di emanare misure cautelari.
Ciò che fino ad oggi è infatti ancora impedito dall’art. 818 c.p.c., dal 28 febbraio 2023, con la sostituzione integrale del testo di detta norma, diventerà consentito: in pratica l’arbitro potrà emanare provvedimenti cautelari, come ad esempio il sequestro, con l’esplicita previsione di tale facoltà nella clausola arbitrale o nel compromesso.
Se si pensa all’importanza della cautela, soprattutto preventiva, ai tempi ed ai presupposti che governano le misure cautelari concesse a norma degli art. 669-bis e seguenti c.p.c., non si può non salutare con estremo favore questa ennesima riforma, che conferisce maggiormente all’arbitrato pieno titolo per essere considerato uno strumento da favorirsi rispetto a quello giurisdizionale, del quale ha sempre più le sembianze ma con tutti i requisiti di speditezza, celerità e semplificazione che non appartengono certo alle procedure radicate in Tribunale.