È del 04 novembre 2021 la decisione di UIPM – The Union Internationale de Pentathlon Moderne – di sostituire la disciplina equestre con altra ugualmente incalzante i principi sottesi all’ideologia del pentathlon. Ai giochi di Parigi 2024 pertanto, la disciplina equestre sarà presente per l’ultima volta. Questa decisione dell’UIPM ha destato scalpore suscitando emozioni e reazioni controverse.

Non è una decisione a sorpresa dal momento che l’uscita dell’arte equestre dal pentathlon era discussa da tempo anche se la sua dismissione è, molto probabilmente, effetto delle vicende occorse alle gare di pentathlon di Tokyo 2020.

Proprio in tale occasione la squadra tedesca vedeva la squalifica dell’allenatore Kim Raisner dai giochi perché colpevole di aver colpito con un pugno il cavallo condotto dall’atleta Annika Schleu, atleta peraltro sollecitata dal medesimo a frustare il cavallo per sottometterlo e vincerne il rifiuto all’esecuzione del comando.
Il pessimo esempio di condotta reso dall’allenatore tedesco, come pure dall’atleta, è stato lo spunto atteso dalla PETA per chiedere al CIO l’eliminazione di tutte le competizioni equestri dai giochi olimpici. Tale richiesta muove dagli esempi di maltrattamento ed abuso di equidi in occasione delle gare, qualificazioni ed allenamenti da cui ne sono derivate morte, lesioni e sofferenze. Il Comitato Olimpico Internazionale non si è ancora pronunciato in merito tuttavia, tale possibilità desta preoccupazione nel mondo equestre, un settore particolare dove la condotta sportiva dell’amazzone / cavaliere deve viaggiare in parallelo con la cura ed attenzione alle esigenze e salute dell’equide, atleta e compagno.

Il codice di condotta del CIO e della Federazione Equestre Internazionale relativamente allo stato di salute, cura, allenamento, comportamento in gara, iscrizioni e qualificazioni alle competizioni equestri pone certamente in primo piano l’importanza del cavallo come essere vivente che non può in alcun modo essere maltrattato ed abusato. Sono molteplici i controlli veterinari, amministrativi e burocratici che ruotano attorno le gare equestri come pure i soggetti che sono monitorati e chiamati a rispondere in caso di danno e maltrattamento del cavallo. Negli ultimi anni tali interventi stanno diventando sempre più frequenti proprio con l’intento di proteggere e tutelare questi meravigliosi compagni di vita sportiva grazie ad una maggiore sensibilizzazione in tal senso.  Il problema pertanto non parrebbe il protocollo di protezione e tutela in sé, quanto piuttosto la sua applicazione ed eventualmente un inasprimento delle pene e sanzioni per i soggetti coinvolti in siffatti drammatici episodi.

Gli sport equestri rappresentano una nicchia particolare di appassionati, sportivi e sostenitori  in continuo aumento e tale disciplina rappresenta il legame forte ed antico tra l’uomo ed il cavallo, una realtà, un binomio che per poter gareggiare ed offrire risultati ottimali deve agire come essere unico. Il cavaliere/amazzone sportivo necessariamente deve proteggere e tutelare il proprio compagno di avventura, tuttavia, come negli altri sport vi è chi agisce contro le regole a danno proprio e di quanti ne vengano coinvolti.

Facendo un passo indietro nel tempo, è buona cosa ricordare che i giochi olimpici sono stati riportati in auge dallo storico e pedagogista Pierre De Coubertin, che li ha resi in chiave moderna, segnando di fatto anche l’avvio del Comitato Olimpico Internazionale. Nella disciplina del pentathlon l’atleta deve dimostrare competenza e tecnica, capacità fisica, adeguata moralità e forza emotiva, tanto da essere nella condizione di affrontare qualunque sfida ed uscirne, se possibile, vincitore.
Il concetto alla base del pensiero di De Coubertin di riscoperta del pentathlon era legato essenzialmente alle caratteristiche psico fisiche attese per il buon soldato: un soggetto forte e sano, mentalmente, psicologicamente e fisicamente tanto da essere in grado di manifestare il perfetto controllo di sé in ogni frangente, soprattutto sotto pressione. Ecco che le discipline sportive previste sin dall’avvio delle olimpiadi moderne nel 1912 sono la scherma, il nuoto, l’equitazione, il tiro a segno e la corsa. La derivazione cavalleresca e militare di De Coubertin e degli stessi antichi giochi del pentathlon necessariamente conduce ad una prova fisica e mentale possibile per molti, ma non per tutti.
L’arte equestre negli anni è cambiata, il cavallo non è più solo un mezzo od uno strumento di battaglia ma ora, negli anni moderni, è un compagno, un alleato e perché no …un atleta. L’equitazione è un’arte in cui l’uomo deve relazionarsi e coordinarsi fisicamente e mentalmente con il suo compagno quadrupede e non a caso ci si riferisce a cavallo e cavaliere/amazzone con l’accezione “binomio”.

Se il binomio non è in sintonia non ci potrà essere un buon risultato e cosa altamente probabile, proprio l’essenza del binomio non è applicabile al pentathlon moderno, situazione in cui i cavalli vengono abbinati al cavaliere/amazzone poco prima della prestazione. In tale specifico caso dunque non sarà tanto il binomio a dover dare il meglio di sé ma l’atleta che, consapevole e cosciente della propria situazione, capacità fisica e mentale dovrà nonostante la tensione prendere letteralmente le redini della situazione e dialogare guidando il cavallo, di norma sconosciuto, verso l’atteso obiettivo. Il cavallo percepisce paura, ansia, eccitazione, rabbia del proprio cavaliere rispondendo di conseguenza con una propria presa di posizione mentale prima e fisica poi. L’abilità del cavaliere/amazzone/atleta consiste nel gestire questa situazione emotivamente e fisicamente forte per entrambe le parti in gara con la consapevolezza che il cavallo potrebbe non rispondere.

Il cavallo è un animale ( non un giavellotto!) ha un proprio margine d’azione e così come accadeva in guerra che i cavalli potessero non rispettare un comando dato, così accade oggi in gara ed è qui che il buon atleta può fare la differenza anche se, con un cavallo “sconosciuto” l’esito rimane comunque sempre incerto.