Dopo vent’anni, il processo continua …

Nel lontano 2005 Tizio chiama in causa Caio per farsi pagare una parcella professionale.  Caio risponde che nulla è dovuto e la prestazione è mal eseguita.

Inizia il primo grado nel 2006, è già si capisce che il meccanismo in sé è fallace, perché il Tribunale pronuncia la sentenza nel 2016.

Sì, proprio dopo dieci anni!

Il Tribunale dà comunque ragione a Caio. Tizio si ritiene leso da questa sentenza e fa appello; qui i tempi (miracolosamente) si abbreviano, perché dopo appena un anno la Corte d’Appello ribalta la situazione e dà ragione a Tizio. A questo punto Caio, seppur già provato da 12 anni di processo, non si arrende di fronte all’ingiustizia e propone ricorso per Cassazione.  La Suprema Corte impiega altri sei anni per esprimersi, ed alla fine cassa la sentenza con rinvio.

Il meccanismo di cui sopra, già fisiologicamente incline a non funzionare speditamente, qui dà il meglio di sé, perché la perversione con cui è stato concepito lo specifico istituto della cassazione con rinvio (art. 398 c.c) prevede che il contenzioso non sia ancora definitivamente chiuso.

Infatti, secondo il nostro Ordinamento, dopo che una sentenza viene cassata con rinvio, cioè ne vengono vanificati gli effetti con una serie di indicazioni (principi di diritto) ispiratrici dell’atteggiamento da assumere nella contesa, la causa deve comunque essere riassunta davanti al Giudice indicato dalla Cassazione per essere definita.

Quindi, il soggetto che non si accontenta giustamente di una vittoria di Pirro, ed ha bisogno di un titolo per ottenere concretamente ciò per cui (danaro o altra obbligazione) ha radicato la lite nei confronti del proprio avversario, deve iniziare un nuovo percorso giudiziario, dove è vero che il materiale su cui discutere è più circoscritto (essendo già stato esaminato nelle fasi precedenti), ma l’esito finale, con tanto di spese e condanne varie, è comunque incerto e dipendente dalla valutazione di un ennesimo (e diverso) Giudice.

Ed alla fine, l’enunciato promanante da questa fase è ulteriormente ricorribile per Cassazione!

Quindi, nel caso rappresentato, che purtroppo non è un caso isolato ma è quasi la normalità, di fatto la lite potrebbe durare anche vent’anni, o forse addirittura di più!  Al di là delle cattedratiche argomentazioni della dottrina, è evidente che nella vita di tutti i giorni nessuno può veramente sperare di far valere le proprie giuste ragioni attraverso un siffatto costrutto, che è ormai desueto, anacronistico ed inadeguato. Certo rimane un’utopia una riforma radicale dell’intera procedura civile, che riveda tutto, dall’intera struttura del processo alle singole fasi che la compongono, con snellimento, ed addirittura in alcuni casi azzeramento, di attività spesso dilatorie ed inutili, nate in un tempo ormai lontano. Ma è un fatto che nessuno possa sentirsi veramente tutelato da questo tipo di giustizia.

Ecco perché deve diventare ormai la regola affidarsi a strumenti di risoluzione alternativa delle controversie, quali la mediazione, la negoziazione e l’arbitrato, che il nostro Ordinamento ha  introdotto da tempo ma che purtroppo non sono ancora entrati nella mentalità comune come principali mezzi a cui ricorrere ogni volta che si richiede giustizia.

E già solo rivolgersi fin dagli inizi della lite ad un mediatore, o nei casi delle aziende, anche di piccolissime dimensioni, ad un arbitro, è senz’altro un modo per ricevere una tutela più efficace, cioè per ottenere veramente giustizia.

Avv. Francesca Lex