A Bologna si è tenuta una mostra dedicata al “Green Fashion”, con esposizione di materiali tessili, accessori e packaging, tutti rivolti all’ecosostenibilità, dove si spazia dalla lana riciclata alla seta rigenerata, dal jersey biodegradabile alle zip realizzate con alluminio riciclato.
Se infatti per produrre una t-shirt occorrono 2500 litri di acqua e l’industria tessile è al quarto posto tra i motivi di maggiori emissioni nocive, con un 70% di capi composti da fibre sintetiche, come poliestere e nylon che producono ossido di azoto, senza contare i circa 80 miliardi di abiti scartati ogni anno per difetti di fabbricazione, è facilmente comprensibile come sia assolutamente necessario sviluppare ed incentivare una forte sensibilità al tema dell’ambiente anche nel settore della moda.
Anche perché è proprio la Commissione Europea che ha fissato precisi obiettivi da raggiungere entro il 2030, imponendo al mondo del tessile questi due must: rifiuti ridotti al minimo e prodotti sempre più di qualità.
Le regole riguarderanno anche il divieto di distruzione dei tessuti invenduti, la lotta all’inquinamento da microplastiche, la raccolta differenziata, la diffusione di informazioni più chiare, con tanto di passaporto digitale dei prodotti e un regime obbligatorio di responsabilità del produttore dell’Unione Europea. Il tutto perché un capo finito sia destinato a durare di più nel tempo e possa anche prestarsi facilmente ad una seconda vita, fino a poter essere riciclato quando verrà definitivamente buttato via.
Dalle fibre ai metodi di produzione, dai materiali per gli accessori a quelli per il confezionamento, tutto dovrà essere orientato alla biocompatibilità. Lo stesso consumatore, soprattutto nella fascia più giovane, presta sempre maggior attenzione all’ecocompatibilità di ciò che acquista, dettando così anche l’orientamento del produttore e costringendolo, se non altro per mere ragioni di competitività, ad investire risorse nella sostenibilità per arrivare a produrre un capo d’abbigliamento sempre più concorrenziale e compatibile con la salute e con l’ambiente.
E così molti brand, anche quelli più famosi, anche attraverso misure fiscali agevolate per il settore del riutilizzo e della riparazione, e contributi statali e/o europei stanziati proprio per favorire la transizione ecologica, hanno invertito la tendenza della fast fashion per allungare il ciclo di vita di un capo d’abbigliamento, hanno iniziato ad utilizzare materie prime che riducono l’impatto ambientale, anche attraverso l’impiego di materiali riciclati, e ad investire capitali anche ingenti nella ricerca tecnologica.
Dunque siamo di fronte ad un settore, quello della moda green, certamente in espansione, con tante applicazioni diverse e nuove opportunità di business.
Avv. Francesca Lex