Il coronavirus ci ha costretto ad “ammodernarci”.
In un tempo in cui non ci si può più incontrare con gli altri, per lavorare, per riunirsi la domenica a pranzo, per fare quattro chiacchiere con gli amici, era inevitabile usare l’unico mezzo di comunicazione esterna che ci è rimasto, e che oggi ci è dato grazie alle moderne tecnologie:
internet, questo sconosciuto.

Ed ecco che tutti ricorriamo alle piattaforme cd. “digitali” per sentirci più uniti, per crearci un palliativo di collettività, per rimanere sempre connessi al mondo;

persino gli aperitivi si fanno ora in maniera virtuale: basta un collegamento via chat di gruppo, e tutti, alzando il proprio bicchiere davanti al telefonino o alla webcam, si creano l’illusione di aver avuto quella piccola porzione di socialità di cui prima godevano in maniera “analogica”.

Il mondo del lavoro si è altrettanto dovuto inventare un’evoluzione del “telelavoro”: lo smart working, il suo successore, ti consente di svolgere il tuo lavoro ovunque e senza condizioni, e non a caso viene definito “intelligente”, perché ti agevola la suddivisione dei tuoi tempi e dei tuoi spazi in
un modo meno dispersivo e più fruttuoso (vuoi mettere tutto il tempo risparmiato fra spostamenti e organizzazione fuori casa…non devi neanche perdere tempo a vestirti bene, puoi anche spedire business planning e progetti di alta finanza in pigiama!).

Certo la tecnologia ha viaggiato molto più in fretta delle nostre aspettative, e anche chi ha iniziato ad esercitare la professione con un pc, mai si sarebbe aspettato che in pochissimo tempo non avrebbe più fatto code agli sportelli per depositare un atto o ricevere una comunicazione di cancelleria.

Chi addirittura ritorna con la memoria alla vecchia Olivetti, o anche alle sue versioni meno antidiluviane con tanto di display per dare una parvenza elettronica, pensava di aver ormai toccato il fondo dell’imprevedibile con i primi invii telematici.

Se ne parlava già da un po’; quando si iniziava ad apprezzare l’oggettiva comodità di scrivere una lettera elettronica invece di litigare con l’apparecchio telefonico ogni volta che si doveva spedire un fax, ci riconoscevano addirittura la certificazione del ricevimento della missiva con la pec, la posta elettronica certificata, e con un piccolo balzo in avanti siamo arrivati prima al processo telematico, guazzabuglio di incroci a reti unificate che ci permette di creare e consultare un fascicolo senza andare fisicamente in Tribunale, ora, costretti dall’epidemia, addirittura all’udienza “da remoto”, incombente processuale a tutti gli effetti celebrato a distanza.

Molte sono le ritrosie della comunità forense a questa modalità; ma in fondo se non siamo rabbrividiti all’idea di sostituire il sapere con l’informazione fai da te, non ci potrà spaventare il pensiero di sostituire la stretta di mano al giudice con un clic.