Anche l’Italia è parte del progetto ONU 2030 per lo Sviluppo Sostenibile finalizzata al raggiungimento dei Millennium Development Goals – gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile.

Uno degli obiettivi è la parità di genere, goal n.5 dell’Agenda 2023 ONU:

https://unric.org/it/obiettivo-5-raggiungere-luguaglianza-di-genere-ed-emancipare-tutte-le-donne-e-le-ragazze/

5.1     Porre fine, ovunque, a ogni forma di discriminazione nei confronti di donne e ragazze.

5.2     Eliminare ogni forma di violenza nei confronti di donne e bambine, sia nella sfera privata che in quella pubblica, compreso il traffico di donne e lo sfruttamento sessuale e di ogni altro tipo.

5.3     Eliminare ogni pratica abusiva come il matrimonio combinato, il fenomeno delle spose bambine e le mutilazioni genitali femminili.

5.4     Riconoscere e valorizzare la cura e il lavoro domestico non retribuito, fornendo un servizio pubblico, infrastrutture e politiche di protezione sociale e la promozione di responsabilità condivise all’interno delle famiglie, conformemente agli standard nazionali.

5.5     Garantire piena ed effettiva partecipazione femminile e pari opportunità di leadership ad ogni livello decisionale in ambito politico, economico e della vita pubblica.

5.6     Garantire accesso universale alla salute sessuale e riproduttiva e ai diritti in ambito riproduttivo, come concordato nel Programma d’Azione della Conferenza internazionale su popolazione e sviluppo e dalla Piattaforma d’Azione di Pechino e dai documenti prodotti nelle successive conferenze.

5.a     Avviare riforme per dare alle donne uguali diritti di accesso alle risorse economiche così come alla titolarità e al controllo della terra e altre forme di proprietà, ai servizi finanziari, eredità e risorse naturali, in conformità con le leggi nazionali.

5.b     Rafforzare l’utilizzo di tecnologie abilitanti, in particolare le tecnologie dell’informazione e della comunicazione, per promuovere l’emancipazione della donna.

5.c     Adottare e intensificare una politica sana ed una legislazione applicabile per la promozione della parità di genere e l’emancipazione di tutte le donne e bambine, a tutti i livelli.

A questo si aggiungono poi i goals n. 4 e 10 che hanno rispettivamente l’obiettivo di fornire un’educazione di qualità, equa, inclusiva e opportunità di apprendimento per tutti e ridurre l’ineguaglianza all’interno di e fra Nazioni.

Essenzialmente sono obiettivi che non dovrebbero nemmeno esistere data l’epoca in cui viviamo dotata di strumenti, opportunità e conoscenze che dovremmo e potremmo mettere a disposizione di quanti ne abbiano necessità.  Idee, intenzioni e realtà sono cose ben diverse. È cosa buona che vi sia l’intenzione di rimediare ad alcune situazioni tuttavia sarebbe bene mantenere la visione sull’obiettivo evitando di andare fuori tema.

La donna, la parità di genere, il lavoro l’occupazione femminile, la parità di remunerazione economica, la parità tra i genitori nella gestione delle incombenze familiari, l’eliminazione della categorizzazione nell’accesso alle diverse tipologie di indirizzo di studio in ragione di sesso, sono tutte questioni importanti ancor prima che per la definizione dell’agenza 2030 ONU per la nostra Costituzione che ne tratta agli articoli 3,4,29,31,36,37.

Noi individui, tutti insieme, facciamo la nostra nazione e se le cose non funzionano o non vanno per il verso giusto forse dobbiamo prenderci del tempo ed analizzare anche il nostro stesso comportamento, atteggiamento, pensiero. Il singolo da solo può fare poco ma può essere un esempio e sperare di essere seguito ed emulato da altri.

Già, le donne, la parità di genere, l’eliminazione delle discriminazioni e delle disuguaglianze. Le donne che sono al centro di molte discussioni anche perciò che attiene la filiazione, il calo di nascite, spesso incolpate di egoismo nel non voler figli.

Parità di genere = parificazione nella rappresentatività dei generi maschile e femminile. Costituzionalmente implica il medesimo riconoscimento di diritti e doveri, meriti ed oneri a uomini e donne, il riconoscimento e la garanzia delle medesime possibilità, dei medesimi trattamenti:

Art. 3. Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.

Art. 4. La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società.

Eliminate le differenze prettamente genetiche, fisiche, muscolari, rimane il fatto che uomo e donna devono avere le medesime opportunità e medesimo trattamento, nulla importa se nei fatti il corpo della donna è fisicamente meno forte o se quello dell’uomo non gli permette di partorire figli. Le possibilità ed i diritti devono essere i medesimi per tutti. Ma così non è

Mentalità, educazione, contesto socio educativo, egoismo, possono essere molteplici le motivazioni che rendono la situazione femminile in Italia ben lontana dalle volontà non solo costituzionali ma dello stesso mondo civilizzato ed iper connesso.

Ora si parla (talvolta anche a sproposito) della “situazione femminile”. Ciò è un bene, come è un bene che le donne siano consapevoli che il loro sentirsi altro rispetto l’uomo non è una sensazione personale bensì un dato di fatto oggettivo, universalmente riconosciuto e profondamente ingiusto. L’ONU è con noi, la pubblicità è con noi, il marketing è con noi, peccato che nel mondo reale spesso non lo sono datori di lavoro, amici, mariti, compagni, politici e perché no anche alcune nostre amiche, madri, nonne.

Personalmente ritengo che nel nostro Paese la criticità abbia un’origine socio culturale in cui è uso e normalità che l’uomo lavori mentre le incombenze di casa e figli siano destinate alla donna.

Negli anni le cose sono leggermente cambiate anche e soprattutto per necessità ed esigenze economiche.  Le donne hanno iniziato a lavorare, ad essere parte attiva e produttiva dell’economia italiana pur con mille critiche e difficoltà. Stessa sorte per gli studi, l’università, le libere professioni.

Il cambiamento è davanti agli occhi di tutti: oltre a farsi carico di casa e figli la donna può anche lavorare. L’uomo lavora.

A parità di condizioni non vi sono parità di opportunità e trattamenti. Lo vediamo tutti i giorni. La dotazione cromosomica dei figli prevede una compartecipazione di madre e padre tuttavia dall’emissione del primo vagito del figlio, dopo che i padri si son dati il cinque confrontandosi sulle ore di travaglio fatte (e ce ne sarebbe da dire sul loro fare il travaglio !!) – i figli diventano esclusiva incombenza materna. Ovviamente, per fortuna oserei dire, esistono le eccezioni, forse poche, ma esistono.

Lavorativamente parlando le cose non cambiano di molto. L’età critica inizia verso i 30 anni: la classica indagine sullo stato sentimentale, il futuro coi figli, la loro gestione, sono tutte domande che all’uomo non spettano. Dopo aver messo al mondo i figli poi, il mondo pare diviso in due: chi comprende le criticità della situazione e chi ritiene d’obbligo l’accettazione delle conseguenze senza lamentele.

La domanda sorge spontanea: se per concepire un figlio serve, banalmente, una compartecipazione uomo/ donna, perché questa deve cessare alla nascita della creatura? Perché tutti i “l’hai voluto ti prendi le conseguenze “sono esclusivo privilegio della madre? Vivendo in uno Stato tenuto a tutelare e garantire determinati diritti, perché questi non devono essere esercitati? Perché se la famiglia e la filiazione sono alla base dell’esistenza stessa di una nazione – e di tutte le annesse conseguenze economico politiche anche in punto di welfare e pensioni – nulla viene fatto per sostenerla ed agevolarla?

Se astrosamantha si assenta mesi da casa per un lavoro spaziale scoppia lo scaldalo. Non credo che lo stesso sia accaduto agli astronauti uomini. Se una donna lavora tutto il giorno, anche in modalità turnista la si incolpa di non seguire a sufficienza i figli; se una madre si allontana per godersi un’ora d’aria ha un comportamento deplorevole mentre se il padre dorme, è in palestra o con gli amici è tutto ok! Se non riesce ad elaborare pasti da chef o rigorosamente fatti in casa come da tradizione viene molto spesso tacciata come inadeguata o cattiva madre, moglie, ecc.

È poi tendenza degli ultimi tempi rivendicare il ruolo professionale femminile anche grammaticalmente, tanto che tutte le professioni ora sono in versione femminile e maschile, anche qualifiche che da sempre sono state pacificamente usate con accezione ambivalente: dottore/dottoressa, professore /professoressa, ingegnere/ingegnera, ministro / ministra.

È forse quella A finale che determina considerazione e rispetto per la donna? Non dovrebbe essere a prescindere? Se poi si tratta dell’abbigliamento anche qui altra distinzione di non poco conto: la donna ben vestita e truccata è spesso ritenuta vanesia ed abbondantemente criticata ed al contrario se non particolarmente dedita a look e trucco allora è vergognosamente sciatta e dovrebbe curarsi di più: in ogni caso vestita bene o male, truccata o meno, la sua apparenza influenza e compromette la percezione della sua competenza lavorativa. Se poi la donna – malauguratamente – comunica di avvalersi di un armocromista, stilista, personal shopper, truccatore, allora imperversano polemiche e critiche in ogni dove! Ma all’uomo vestito e truccato da altrettanti professionisti nulla viene fatto pesare, anche nel caso in cui il risultato sia poco gradevole e palesemente finto. Nessuna (o quasi) critica e nessuna gogna per l’uomo: forse e ne parla ma con tono e modalità più dimessa, sottovoce, quasi timorosi di offendere.

E ‘decisamente complicato essere donna al giorno d’oggi. Lo era un tempo e continua ad esserlo in un’epoca in cui libertà, istruzione, tecnologia, progresso avrebbero invece dovuto liberare le menti da pregiudizi e stereotipi, aiutare e migliorare tutti gli errori del passato.

Fortunatamente non tutto il mondo è così. C’è una luce in fondo al tunnel e sono proprio le donne e le madri di ultima generazione che iniziano ad educare i figli maschi al rispetto dell’altro e della donna, ponendo le basi per un futuro migliore. La speranza è che anche la politica operi in tal senso, investendo nella reale opportunità di parità, nell’eliminazione della discriminazione anche lavorativa e salariale, investendo sulla famiglia, permettendo a tutti di comprendere che per chi lo vuole avere figli è bello, è un dono e non è solamente tempo sottratto ai nostri divertimenti e svaghi e causa di portafogli sempre più vuoti.

La speranza è che il futuro non guardi solo alla tecnologia, all’intelligenza artificiale ma anche e soprattutto all’intelligenza umana – anche emotiva – ed al progresso sociale ed economico di tutti indistintamente, uomini e donne.

L’augurio è davvero che adolescenti e nuovi nati possano vivere in una società migliore, possano godere di una migliore condizione umana, sociale ed economica rispetto la mia. La speranza non voglio perderla anche perché diversamente che prospettive avrebbero le mie figlie e quale incoraggiamento e sostegno potrei dare loro nell’affrontare la vita?