Prima è stato il COVID-19, ora la guerra Russia – Ucraina a determinare effetti economici preoccupanti in punto di crisi energetica per imprese, apparati produttivi, export.
Dopo gli scenari economicamente devastanti della crisi pandemica ai più sono diventate note le clausole c.d. di forza maggiore e hardship che nel momento centrale della crisi venivano indicate come unica via di salvezza ai fini di risoluzione contrattuale per sopravvenuta onerosità del contratto, divenuto profondamente svantaggioso o talmente oneroso per la parte tanto da impedirne o continuarne l’esecuzione.
Si tratta di clausole con finalità ed effetti diversi l’una dall’altra ma inserite (se volute) nei contratti commerciali al fine di tutelare la parte al verificarsi di determinate situazioni od eventi.
La salvaguardia degli interessi delle parti deve sempre rimanere al centro della visione del contratto, tuttavia la questione interesse deve essere intesa ed analizzata in senso ampio, non solo al momento della sottoscrizione del contratto ma anche al verificarsi di criticità: è intesse delle parti risolvere il contratto o mantenerlo pur con diverse condizioni? È più conveniente per le parti interrompere il rapporto o modificarlo in ragione delle nuove e più attuali situazioni?
Talvolta le crisi possono trovare soluzione nella preventiva definizione di clausole contrattuali che regolano e definiscono le sorti del contratto e delle parti nel tempo al verificarsi di determinati eventi ovvero definire modifiche alle condizioni contrattuali e loro revisione in particolari situazioni, tutto al fine di favorire il mantenimento e la prosecuzione del rapporto.
In Italia la negoziazione non è troppo amata e vi è la tendenza a definire solo la propria posizione e renderla il più sicura possibile (comprensibilmente) anche a scapito di futuri rapporti e benefici a lungo termine. Le crisi arrivano talvolta previste, talaltra inaspettate, tuttavia il focus del contraente – e del suo avvocato – dovrebbe rimanere ancorato alla valutazione attualizzata di convenienza e volontà nel mantenere in vita un contratto mutandone talune condizioni.
Una simile attività, pur non risolutoria per crisi globali e pandemie, può permettere la prosecuzione ed il mantenimento dei rapporti là dove la volontà e la buona fede non sono venute meno ovvero laddove a conti fatti è economicamente più conveniente modificare, anche temporaneamente, le condizioni del vincolo piuttosto che risolverlo.
Probabilmente l’ostacolo maggiore è rappresentato dalla mancanza di volontà nel sedersi al tavolo delle trattative e (ri)negoziare per giungere ad un accordo, definire condizioni specifiche, valutare opzioni di vantaggio, redigere clausole pur particolari ma adatte al tipo di vincolo contrattuale e natura del rapporto anche valutandolo a lungo raggio: questo è sfinente ma anche terribilmente piacevole (per gli amanti del genere!)
Il diritto è plasmabile, duttile ed è questa una delle sue bellezze. Ciononostante posso comprendere che sia più semplice redigere e siglare nell’immediato un contratto “standard” poi nel futuro, all’occorrenza, si vedrà il da farsi tanto nel novero delle probabilità….